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TRANSPOTEC LOGITEC 2024: FIERA MILANO FULCRO DEL DIBATTITO PER IL TRASPORTO MERCI

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Senza i giovani il mercato si ferma
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Da 12 anni sul mercato, il Gruppo LC3 conta oggi una flotta di più di 400 mezzi e una clientela di grande livello, di cui fanno parte giganti della GDO. Una realtà importante del settore, che investe significativamente in innovazione e sostenibilità, eppure, come ci ha raccontato il suo fondatore Mario Ambrogi, “la tecnologia, se non ci sono uomini in grado di gestirla e pronti a guidarla, serve a poco. Mancano gli autisti”.

“La situazione autisti secondo me? È grave, trovare nuove leve è diventato impossibile” - esordisce così Mario Ambrogi, che ci ha raccontato come vede il problema e cosa, dal suo punto di vista, sarebbe necessario fare.

 

LO SCENARIO

La condizione attuale ha origini lontane nel tempo ed ormai è una urgenza endemica, comune a diversi mercati europei.

“Negli anni 90 - ci ha raccontato Ambrogi – c’erano ancora in Italia giovani che avevano voglia di fare questo lavoro, disposti a trasferirsi e viaggiare, e il servizio di leva aiutava a formare sempre nuove risorse. Poi dal 2005 ci siamo spostati a cercare risorse in Europa dell’est. Oggi però questi Paesi, soprattutto la Romania che era il nostro bacino principale di riferimento, stanno vivendo anni di sviluppo, per cui i giovani hanno smesso di spostarsi, perché non trovano alcun vantaggio economico. Le scelte fatte in passato dunque non reggono più, perché abbiamo agito senza costruire un sistema e oggi ci troviamo a non avere più ricambio generazionale”.

 

RIMETTIAMO LE PERSONE AL CENTRO

“Un blocco all’ingresso può essere il costo della patente - considerate che prendere le patenti C ed E e il CQC prevede un investimento iniziale di circa 6000 € - ma il vero problema non è questo. Tanti di noi trasportatori sarebbero anche disponibili a sovvenzionare le patenti a giovani che volessero intraprendere la professione, ma il vero problema è che non se ne trovano” – continua Ambrogi.

 

“La formazione è fondamentale. Oggi fare il camionista vuol dire affrontare una professione complessa, essere responsabili di mezzi che valgono minimo 150.000 euro, veicoli dotati di una tecnologia pari – se non superiore - a quella di una macchina di altissimo livello e se questa tecnologia non sai gestirla praticamente tutti i vantaggi che il costruttore del mezzo ti ha messo a disposizione vengono annullati. Nella nostra flotta abbiamo decine di veicoli con guida assistita a tutela della sicurezza, ma sono davvero pochi gli autisti che la utilizzano davvero. Dovremmo fare formazione continua, visto come i mezzi evolvono velocemente, ma bisognerebbe avere il doppio delle risorse: se fermo risorse per seguire un corso, devo averne altre che guidano. Ma il personale, come ho detto, non c’è. Molta formazione non si riesce a fare proprio per mancanza di ricambio di autisti. Per cui ci fermiamo alla base…

Recentemente noi abbiamo messo su strada la prima motrice elettrica in Italia. Per guidarla e ottenere la resa che in termini chilometrici viene garantita all’acquisto è necessario che il guidatore sappia quello che sta facendo. E questo non vale solo per l’elettrico che è una tecnologia nuova, ma vale per tutti i mezzi. Su una motrice – e non solo - di ultima generazione la capacità di guida del camionista incide del 15% rispetto al consumo del carburante. Per chi ha grandi flotte come la nostra sono cifre importanti, che incidono sulla efficacia del business. Per questo ci servono risorse formate, che siano in grado di gestire la tecnologia”.

 

“Noi come azienda da sempre investiamo in innovazione e sostenibilità, scelte che negli anni sono state apprezzate dai clienti che oggi sempre più ci chiedono mezzi sostenibili. Però purtroppo siamo al punto che ormai decidiamo di acquistare un nuovo mezzo in base al personale che abbiamo a disposizione”.

 

IL RUOLO CHIAVE DELLE ISTITUZIONI

“Dobbiamo puntare sui giovani, anche attraverso una collaborazione costante con le istituzioni, che devono affrontare concretamente e con urgenza il problema. Dobbiamo trovare il modo di avvicinarli e raccontare loro cosa vuol dire fare il camionista oggi e non basta farlo tra noi e sulle riviste di settore, bisogna parlarne in modo più allargato. Nessuno mette in dubbio che fare l’autista sia un lavoro duro: è un lavoro che ti porta anche spesso lontano da casa, che ti costringe a vivere da solo, questo non posso negarlo, ma è anche un lavoro che da soddisfazioni, che oggi è possibile fare su mezzi estremamente confortevoli e con tanti supporti tecnologici. Un grande problema è il pregiudizio. I camionisti sono una categoria bistrattata, da anni vittima di tante percezioni negative. Oggi per superare tutto questo servono scelte importanti e investimenti. Da qualche anno le associazioni di settore stanno cercando di fare qualcosa per risolvere la situazione e ora si stanno muovendo in parallelo anche i costruttori e tutte le aziende del comparto, ma forse è tardi, perché ormai il problema è reale.

È necessario che ci sia anche una presa di posizione politica importante, che vengano coinvolte le scuole. Un tempo c’era il militare che permetteva ogni anno a centinaia di giovani di prendere la patente per i mezzi pesanti e questi giovani poi arrivavano nelle nostre aziende. Oggi serve un’alternativa a tutto ciò, serve una politica seria di supporto, incentivi, investimenti nelle infrastrutture, perché sapere di dover lavorare su strada e di dover fare lunghe soste forzate dove non ci sono aree attrezzate non è bello e non è dignitoso. Dobbiamo tornare a mettere le persone al centro, parlare solo di stipendi è riduttivo.

Bisogna dare dignità a una professione, avviare i giovani verso una scelta consapevole, solo così si risolverà la situazione, non con soluzioni temporanee. Ormai non è più tempo di rimandare. Bisogna agire tutti insieme, imparare a collaborare di più anche con i costruttori e con le istituzioni, perché il problema è grande. Non dimentichiamo che nel nostro paese quando parliamo di grande distribuzione,  dunque soprattutto di alimenti, l’80% delle merci si muove su gomma. Se mancano gli autisti, il problema diventa di tutti”.